Esposizioni

sabato 4 aprile 2015

In una casa dei Terragli il ritrovamento di un'antica decorazione


Nel corso di lavori di ristrutturazione all'interno di una casa situata nei Terragli di via Romagnosi e via Frate Gherardo, sono emerse, sotto vecchi strati di intonaco, le tracce di una antica decorazione a fresco. 
Si tratta di frammenti molto lacunosi, riconducibili a finti tendaggi, festoni, targhe e scudi pendenti, nastri, scritte e un fregio di lussureggiante verzura con un tondo su cui spicca il volto di una giovane donna ritratta di profilo a destra, un’immagine in parte mancante ma che colpisce per la sua tenerezza e eleganza.

Un indizio importante per risalire all'origine dei dipinti, databili verso la fine del Quattrocento, è dato da uno stemma araldico, dipinto sulla parete ovest e ancora perfettamente conservato.
Lo scudo, dalla forma mistilinea tipicamente rinascimentale “a testa di cavallo” come la definiscono gli esperti di araldica, è diviso in due campi di rosso e di verde, troncati da una fascia orizzontale bianca: nella parte superiore su fondo rosso si profila con andamento da destra a sinistra un luccio e in quella inferiore, su fondo verde, lo stesso animale è orientato in senso contrario. 
Potrebbe trattarsi dell’insegna della famiglia del committente dei dipinti. In assenza di una più precisa documentazione araldica, il luccio come animale simbolico farebbe pensare ad un ramo della nobile famiglia comasca dei Lucini o Lucino, il cui stemma esibisce due lucci allineati su campo azzurro.
Un Bartolomeo Lucino è in effetti ricordato come podestà di Borgo nell’anno 1388. (G.Laurini, “S.Donnino e la sua città”, 1924, p. 98). 
Un’altra ipotesi rimanda invece agli Olgiati, che hanno come emblema un luccio in campo rosso.
A lato dello stemma nobiliare, una tabella della stessa forma dello scudo, ma contornata da una cornice con listelli annodati a giglio, è di difficile interpretazione, per le estese parti mancanti e la complessità del soggetto sviluppato: forse una mano che regge un’alabarda e una seconda mano reggente uno stendardo.
Sulla parete opposta della sala, a filo del fregio e in corrispondenza del tondo con il ritratto di dama, compare un cartiglio con una scritta in caratteri romani, sorretto da una mano con la figura assente. 
La breve frase, di incerta lettura, forse un motto araldico, può essere ricostruita in questi termini : DICITE ET BENE FACITE (“Parlate e agite correttamente” ). Per il latinista Fausto Cremona si tratta di espressioni che ricorrono, anche se disgiunte, nella letteratura classica e nelle sacre scritture, in particolare nei Vangeli di Luca e Giovanni.
A Fidenza non si conoscono altre pitture a carattere profano così antiche. Qualcosa di simile sembra tuttavia riemergere dal passato, grazie ai rilievi eseguiti a metà Ottocento da Angelo Riccardi all'interno della Posta Vecchia, un antico edificio situato lungo l’attuale via Abate Zani e di cui oggi rimane solo qualche traccia; da notare in particolare un cartiglio svolazzante con la scritta e una palma stilizzata che, sia pur vagamente, ricordano i dipinti tardo-quattrocenteschi. 
Interessante è anche la descrizione che accompagna i disegni conservati presso le raccolte del Museo del Duomo: “ La predetta camera è stata guasta dal Tempo e per quanto si può scorgere essa è tutta all'intorno cinta da una gran fascia di fiori e frutta, groteschi ed arabeschi, in una parte di muro poi veggonsi tre figure l’una delle quali è una donna e l’altre due non sono bene distinte” (cfr.: Riccardi “Iscrizioni varie, ms. sec. XIX, in “Borgo San Donnino 1802”, tav.31).
Ma torniamo ai nostri affreschi. Come ci suggerisce l’ingegnere Savino Faroldi, cui va riconosciuto il merito dell’eccezionale ritrovamento, il soggetto della decorazione e le caratteristiche architettoniche della stanza (3x13x3,90) con loggiato adiacente possono far pensare alla sala di rappresentanza di una casa torre eretta a ridosso delle mura medioevali. 
Forse la dimora di un capitano delle milizie preposte alla vigilanza e alla difesa della cinta muraria di Borgo San Donnino. Da altre tracce di colore, con motivi geometrici (rombi, rettangoli e tondi come quelli affiorati recentemente in Duomo presso l’altare del Consorzio, fine XV–inizi XVI sec.) non è da escludere, sempre secondo Faroldi, l’esistenza di decorazioni affrescate anche sulla antica facciata esterna.

Nel 1575 c. con la costruzione delle nuova mura farnesiane, l’area già occupata dai terrapieni e dalle mura medioevali venne riutilizzata per nuovi insediamenti abitativi, come evidenziano le mappe dell’epoca (G.Pederzani, 1986 ). 
Terragli verso la Chiesa di San Pietro
 A questa seconda fase edilizia risale la caratteristica conformazione a schiera dei terragli o traj, che, come attestano le carte catastali, hanno conservato quasi intatto l’ impianto originario a lotto gotico, inglobando inoltre parte degli edifici preesistenti e, molto probabilmente, anche alcuni tratti delle vecchie mura. 
Il ritrovamento delle preziose pitture tardo-quattrocentesche, per ora genericamente riferibili all'ambito padano-lombardo, restituisce a Fidenza non solo una rara testimonianza artistica ma anche un inedito frammento della storia urbana di Borgo San Donnino, tra Medioevo e Rinascimento. 
Prof. Guglielmo (Mino) Ponzi 

Articolo pubblicato da "il Risveglio" N. 13 del 3 aprile 2015


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